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Nel panorama fashion odierno intervengono una serie di cambiamenti rivoluzionari che hanno un impatto positivo sull'economia globale del settore: la digitalizzazione e i progressi tecnologici ridefiniscono il modo in cui le persone si relazionano con la moda.
I valori come la sostenibilità, l’inclusività e uno sguardo all’economia circolare, accanto all’impatto massivo della tecnologia, sia nei processi produttivi che nella commercializzazione dei prodotti e nelle strategie di vendita e comunicazione, aprono la strada ad una serie di evoluzioni che si intrecciano con il mondo dell’alta sartoria, classica, fatta di tradizione e competenza.
La figura capace di sintetizzare queste anime avrà successo in un mercato dinamico, competitivo, ma soprattutto di grande valore economico, come sottolineato anche dai dati diffusi da Sistema Moda Italia poco prima di Pitti Uomo 106, a giugno 2024.
Concentrandosi sul settore uomo, all’interno del panorama moda italiano, questo vale 11,9 miliardi di euro, ovvero il 18,5% della filiera tessile-abbigliamento nazionale, una cifra in rialzo del 4,7% rispetto al 2023. Oltre la metà del fatturato del comparto deriva dalle esportazioni, evidenza del pregio e del rilievo attribuito al Made in Italy nel mondo. A livello di vendita, il settore della confezione concorre per il 55,4%, la maglieria copre il 26,1% del totale, la camiceria detiene una quota del 16,5%, le cravatte dell’1,2% e l’abbigliamento in pelle lo 0,8%.
Si delineano quindi i confini di un mondo dell’alta sartoria dove l’artigianalità incontra la creatività e si fonde con essa in capi immortali, ma allo stesso tempo rivoluzionari, e dove l’ispirazione, la tecnica e la maestria danno vita a qualcosa di elegante ed emblematico. Per raccontare le caratteristiche di un contesto tanto significativo, abbiamo intervistato Maurizio Miri, noto designer bresciano, espressione di una sartoria di altissima qualità che ha reso un capo, la giacca, sintesi di peculiarità senza tempo.
Chi è Maurizio Miri e come è arrivato a fare moda?
Sono Maurizio Mangano, ma da diversi anni mi presento con il mio nome d’arte, Maurizio Miri.
Il mio percorso è molto “italiano vecchia maniera”: quando avevo dieci anni, nel 1986, insieme ai miei fratelli abbiamo iniziato a vendere abiti nel garage di casa. Da lì ho cominciato a costruire la mia visione personale. Nel corso degli anni ‘90, sono stati aperti diversi negozi dove io, già dall’età di 14 anni, curavo lo stile della collezione uomo: giravo le lavanderie, conoscevo i tessitori, sceglievo denim e jersey, tessuti, colori e forme. Fino al 2000 ho continuato il percorso insieme alla famiglia e poi ho aperto il mio negozio e iniziato a vendere cose che facevo da me.
Nel 2007 è nato Maurizio Miri e dal 2013 ho deciso di mollare tutto il resto e focalizzarmi solo sulla giacca: per me è diventata il capo distintivo della mia filosofia. Così ci ho lavorato ogni stagione, ogni settimana, ogni mese, ogni anno e sono arrivato a fare una giacca sartoriale intelata, tutta rifinita a mano con accessori, asole in filo di seta come si faceva una volta, fodere e tessuti Made in Italy personalizzati e di altissima gamma.
A livello creativo come si può trovare un'ispirazione sempre nuova per un capo che rimane lo stesso, ma continua a reinventarsi in mille modi diversi?
Ci vorrebbe un libro: è una domanda che mi fanno spesso, ma fortunatamente i miei clienti continuano a comprare perché sono curiosi, a loro piace ciò che propongo e percepiscono in maniera chiara il valore aggiunto del prodotto. Poi, la moda ha nel suo DNA il continuo cambiamento e rinnovamento. I tessuti e i colori nuovi inevitabilmente aiutano.
Detto ciò, l'ispirazione nel mio caso è molto particolare: quello che faccio è frutto del mio istinto, di un percorso psicologico, filosofico, legato alla ricerca dentro me stesso. Mi fido ciecamente del mio intuito. L'idea è quella di alimentare tramite emozioni, situazioni ed esperienze, la mia anima, il mio io, per poi trasmetterlo in ciò che faccio e inserire il pilota automatico nel momento in cui io devo scegliere tessuti, colori, forme, fogge delle mie giacche per le stagioni a venire.
Cerco dentro di me quello che diventa l'ispirazione per fare ciò che faccio. Non a caso il mio showroom rappresenta il mio cervello: è tridimensionale, pieno di oggetti e suggestioni, in modo che io possa trarre ispirazione ogni qualvolta ne abbia necessità.
Tuttavia oggigiorno fare moda non vuol dire occuparsi solo di aspetti creativi e di stile. Nelle scelte di business di un designer assumono un ruolo centrale anche prospettive differenti che stanno acquisendo rilevanza in ogni settore conducendo in maniera inevitabile a innovazioni e cambiamenti nei processi e nei prodotti, anche in campo fashion.
L’alta sartoria, a livello produttivo, è fortemente legata alla tradizione. Le nuove tecnologie, però, presentano una nuova frontiera che stravolge e domina diversi ambienti. Come la tecnologia si integra e ti supporta in questo processo di design?
Si tende sempre più a tornare a scoprire i valori del passato come reazione alla rapida evoluzione: più alta è la tecnologia, più i valori di una volta sono ricercati e richiesti, proprio per bilanciare questa esposizione verso ciò che non conosciamo. Nel mondo della moda c’è estremo bisogno di concretezza. Le fondamenta, infatti, devono essere ben piantate a terra per poter supportare lo sviluppo tecnologico: per navigare nello spazio bisogna avere delle conoscenze, una storicità, una cultura, un sapere fatto di cose vere, altrimenti non puoi inventarti niente, tantomeno l’astronave per esplorare lo spazio.
Per quanto riguarda la nostra tipologia di confezione sicuramente la macchina più recente può aiutare, ma il prodotto è estremamente legato alla sensibilità umana di chi lo prende in mano e lo realizza, quindi la tecnologia non può fare tutto. Le applicazioni tecnologiche, come il 3D, sono utili nel settore però, ad esempio, nel campo della modellistica, serve anche saper lavorare il cartone oltre a usare il computer. La tecnologia può semplificare dei processi, ma non può sostituire, anzi, va ad arricchire un lavoro che deve avere delle basi solide e competenti.
La tecnologia, nel nostro business, assume un ruolo importante, ad esempio, per quanto riguarda il marketing: il digitale e le applicazioni più innovative ci servono per attrarre nuovo pubblico, per accrescere la conoscenza verso quello che stiamo facendo, per definire le basi della comunicazione partendo dalla raccolta e l’analisi di dati importanti così da rispondere con un prodotto vero.
Come si pone, invece, il brand Maurizio Miri nei confronti di un altro tema attuale: la sostenibilità?
Io ho la fortuna di essermi focalizzato su una fascia di mercato alta. Questo cosa comporta? Significa che spesso lavoro con aziende a cui è caro il concetto di sostenibilità, storiche, con un heritage pazzesco e un’immagine molto forte costruita nel tempo. Non possono tradire il consumatore.
Essere sostenibili costa caro ed è più semplice essere sostenibili se si appartiene a una fascia di mercato alta anche perché spesso si fa riferimento a materie prime e tessuti di un certo tipo e a una confezione di qualità. Nel mio caso, ad esempio, il 90% dei miei tessuti arriva da Biella, da Loro Piana, da Zegna, insomma dai migliori, che hanno caratteristiche e processi produttivi attenti e di altissima qualità.
Viste le continue evoluzioni del settore, quindi, cresce il numero di figure formate richieste su aspetti diversi del processo produttivo e creativo. Nelle aziende operano professionisti diversi, ma che lavorano tutti insieme per il raggiungimento degli obiettivi: product manager, modellisti, tecnici di produzione, selezionatori di tessuti, ricercatori di tendenze, buyer hanno competenze differenti che provengono spesso dallo studio d’aula affiancato a un intenso lavoro sul campo.
Dalle tue parole emerge la grande importanza che dai al concetto di squadra, di gruppo. Lavorare insieme e muoversi nella stessa direzione è essenziale per avere successo. Di che professionalità ti circondi e come completano il tuo lavoro?
Io non sono altro che il leader del progetto, ma se non avessi a fianco Dino, Mario, Nicolò, India, mia moglie, non sarei in grado di fare nulla. Io mi occupo di stile, ma non è sufficiente. Serve costruire un gruppo sano con valori e obiettivi da condividere.
In più, ho stretto importanti collaborazioni che mi permettono di offrire prodotti di altissima qualità:
lavoro con uno dei bottonifici migliori d'Italia che mi segue per tutti i miei progetti personali e mi permette sempre di migliorare il capo; inoltre, dopo aver fatto il giro di tutta Italia, da quasi un anno, mi appoggio a una sartoria sopra Gargnano che ha sposato quella che era la mia richiesta di confezione delle giacche e si è messa in gioco per realizzare il nostro capo a mano nel suo laboratorio.
A loro si aggiungono una serie di consulenti esterni, persone che sono sulla mia stessa lunghezza d’onda, che hanno un’attività propria, ma conoscono la mia filosofia e trovano le soluzioni giuste per le nostre esigenze. Lavoriamo con un ufficio marketing e comunicazione; con uno studio fotografico, videomaking e gestione social; un taglio; uno stiro; consulenti finanziari; un commercialista. Il lavoro di tutti ci permette di raggiungere i risultati.
Spesso collabori con attori, musicisti e personaggi che indossano le tue creazioni. Come avviene questo processo?
Ho un modo molto mio di lavorare. L’iter, infatti, sarebbe molto lungo e basato sul dialogo con gli intermediari, ma io non riesco a lavorare per tramite. Diciamo che il 90% dei personaggi con cui ho lavorato sono venuti qua da me o li ho conosciuti di persona. Abbiamo tante richieste, ma non riusciamo a livello logistico e concreto a soddisfarle tutte, perciò faccio una piccola selezione. Il mio consumatore ha certe peculiarità e non voglio creare confusione. Voglio che i miei capi vengano indossati da chi li capisce, li percepisce, ha la sensibilità per immergersi nel mio mondo. Quindi per me è fondamentale vestire solo chi veramente capisce l’essenza del mio modo di creare.
Attraverso le parole di Maurizio Miri, le sue opinioni sul design, il racconto delle sue esperienze, si delineano i confini dell’alta sartoria uomo: un settore dove un eccellente processo artigianale è essenziale per raggiungere gli standard qualitativi richiesti e dove devono trovare spazio anche temi diversi dalle valutazioni stilistiche. Accanto alla creatività, quindi, risultano sempre più importanti scelte di business consapevoli e decise, strategie di comunicazione e di promozione in linea con la propria identità e tattiche di marketing integrate con elementi tecnologici all’avanguardia.
In questo panorama complesso e sfaccettato troveranno presto spazio professionalità nuove in grado di coniugare tradizione e innovazione per rispondere alle esigenze di un mercato competitivo e vivace con efficienza e in modo preparato.